venerdì 26 febbraio 2010

Come la fortuna...

Pieces of the Puzzle






CHE PALLE 'STO BLOG. Mi sono resa conto che finisco da queste parti ogni volta che non ce la faccio più e sento il bisogno di sfogarmi. Quindi collego questo posto a tutti i casini che ho, e siccome non sopporto più tutti i casini che ho, sto finendo per non sopportare più nemmeno questo blog. Ma vabbè. Non sopporto manco me stessa, eppure talvolta ci vado pure d'accordo, quindi che volete che sia qualche pensiero negativo sul blog. In fondo gli voglio bene.




Stasera sono uscita, pizzata fuori per una "serata girls", o come la chiamano. Alla fine non è stato male, ma non bisogna mai dimenticare che in tali circostanze l'argomento "uomini" è d'obbligo, e quindi meno male che davanti a me avevo la pizza da osservare intensamente, e meno male che c'è stato Sanremo. Perché Sanremo è Sanremo, e almeno ti dà qualcosa di cui parlare che non vada in quel senso. Sì, perché andare contromano è brutto, pericoloso e ti fa sentire una cogliona. Poi ce n'era una che sembrava stare tra le due carreggiate e guardarsi a destra e a sinistra cercando di decidere in quale senso andare. Mi guardava anche strano... Boh, saranno impressioni.




Anyway, è un periodo davvero sfigato, questo. Ma di quelli sfigati con un pizzico d'ironia, che ti fa sembrare di essere in una sit-com comico-drammatica dove l'impensabile accade al momento più sbagliato, più che in una vita reale.




Boh, non lo so. Credo che, comunque, alla fine il vero problema sia che fatico a trovare un senso a tutto ciò, a tutto questo. Fatico anche a darlo, un senso. Sì, certo, questa è altra storia. Ma è la mia storia. Una storia che mi sembra un po' come le storie di tutti quei libri che ho nella mia vetrinetta: piacevoli, potenzialmente belle, ma, per qualche ragione, lasciate a metà.


Ma forse è proprio quello il mio errore. Pensare, anche inconsciamente, che, in qualche modo, sia già tutto scritto. E allora che senso ha andare avanti a leggere? Troppa pigrizia e troppa paura per farlo. Ma io sono la scrittrice, non la lettrice. Dovrei capirlo. E invece mi trovo ad essere la giocoliera delle parole che non riesce a dare un nome a nulla. La cantante del silenzio, che è l'unica cosa che riesce a dire tutto ciò che c'è da dire.




Se è vero che tutto accade per un motivo, ho davvero di che preoccuparmi.






È assurdo pensare che a volte le cose


non vadano bene e vadano rese...


È assurdo pensare che giunti a un traguardo,


neanche ci arrivi e diventa un ricordo...


E paradiso è la nostra memoria,


per non perderla mai più,


mai più...


E penso alle risate, a quanta gioia,


che non toccheranno mai,


nessuno mai...

giovedì 11 febbraio 2010

Paranormal Passivity

L'Urlo






Faccio l'amore con sogni dall'aria confusa e annebbiata, la realtà mi schiaffeggia, e non capisco se sia cattiveria gratuita o benevolenza, voglia di svegliarmi.




A volte mi chiedo quando tutto sia iniziato... non riesco davvero a trovare risposta. È come un gomitolo di fil di ferro, così sottile da essere tagliente se si prova anche solo a guardarlo troppo a lungo. Eppure ero io. Dovrei ricordarlo bene.


Non posso neanche guardare avanti. Non riesco più ad immaginare, non ce la faccio.


Il presente mi scivola addosso come un fiume sulla roccia, che lentamente logora, senza farsi notare.




Mi sono costruita tante gabbie, una dentro l'altra. Come in un frammento di vita eterna ma mai iniziata, perennemente fermo, dove tutto è immobile e i suoni non esistono, non posso permettermi neanche di urlare.




Una faccia che non ha mai voluto indossare maschere; tempo e intemperie si sono scagliati su di lei sradicandone via tutti i connotati, le espressioni, le emozioni. Rimane solo un teschio, senza volto, senza identità. Vuoti i suoi occhi, morta la sua pelle. Grigna sempre; a volte sembra una risata, altre una smorfia di rabbia. Ma non è più in grado di piangere.






Antefatto:


Alla finestra, il cemento si erge pieno di grigio orgoglio, e un cielo blu notte mi osserva timido, nascosto dietro di lui. Le parole e la musica riecheggiano forti nell'aria del mio piccolo frammento, e la sigaretta si consuma piano. Passano i minuti, butto la sigaretta ormai finita. Rimango ancora un po' alla finestra. Dal mio palazzo vedo spuntare fuori due ragazze, si tengono per mano. Penso che vorrei che si baciassero, ma che non lo faranno mai. Si avvicinano. Con le mani giocano una con le labbra dell'altra. Forse stanno parlando di trucco. E poi arriva. Timido, fugace, quasi impercettibile. Me lo starò immaginando. E poi ancora. E ancora, e ancora. Ogni volta più passionale. Braccio intorno al collo come a rivendicare qualcosa che vuole sia soltanto suo. Mi nascondo, non voglio mi vedano mentre le osservo. Riprendono a camminare; la mora quasi saltella, sembra non riuscire a contenere la sua spensieratezza. La bionda le salta quasi in braccio, avvinghiandosi a lei con le gambe intorno alla sua vita.
Girano in tondo, ridono, si dicono anche qualcosa, ma non riesco a sentirle; la musica cerca ancora di coprire il silenzio assordante. E poi spariscono, ancora avvinghiate, dietro al cemento. Forse, non lo volevo veramente. Chiudo la finestra. Chissà se le rivedrò ancora, chissà se stanno insieme... Chissà...