giovedì 28 aprile 2011

Getting up that Great Big Hill of Hope

Spesso mi chiedo cosa sto cercando, e se quello che sto cercando esiste davvero o se la sua esistenza inizia e si conclude con il mero scopo di essere cercato da me all'infinito.



Provo una paura talmente enorme che l'unico motivo per cui non la definirei "terrore" è l'aura di assoluta passività che sembra avvolgerla.



Il tempo, o meglio, tutto ciò che esso si sta a fatica trascinando dietro, mi ha resa impermeabile all'affetto e, contemporaneamente, dipendente da esso.



Ammetto che mi risulta molto difficile, se non impossibile, riuscire anche solo a concepire l'idea di poter essere, per qualcuno, più di una semplice creatura strana e intrinsecamente carina, degna di studi particolari dettati più dalla curiosità che da qualsivoglia altro stimolo.



Mi dà fastidio che la gente apprezzi, ammiri, talvolta persino ami (benché quella parola stia bene attenta a non avvicinarsi a me e a starmi alla larga) proprio ciò che io, di me, spesso non riesco a sopportare.

Mi sento un po' come una sorta di strano esemplare di una peculiare specie in via d'estinzione, esposto imbalsamato nella vetrinetta di un museo di storia fantascientifico-futurista, con tutto il mondo che passa e guarda, anzi, fissa. La maggior parte si rincammina indifferente dopo qualche istante, alcuni ridono incuriositi, altri si girano e fanno mezze smorfie schifati, e poi ci sono quelli che pure si mettono a parlarmi, ben coscienti del fatto che io non posso ascoltarli, e quindi quasi inteneriti dalla situazione paradossale.



Penso anche che il colpo che ho preso sia stato molto più forte di quello che voglio farmi e farvi credere.



Mi sento un granello di sabbia nell'infinito vuoto cosmico.

sabato 9 aprile 2011

Life is a bitch

Amate, di me, quella stessa ingenuità che vi spinge ad allontanarvi, da me...




Se solo poteste capire che ingenuità non è, bensì disarmante, spietata, irrisolvibile consapevolezza...




Chissà come sarebbero le cose allora... Continuereste ad espirare aria nella bocca del mio corpo inerme? O forse alzereste le vostra ginocchia da terra e camminereste via, lasciandomi lì, imprigionata in quella gabbia di cui nessuno sembra avere la chiave?




Si dice che il miglior modo per dimostrare a noi stessi che siamo vivi sia ferire il proprio corpo... Il bruciore del dolore e la vista del sangue in movimento segnali inequivocabili della propria esistenza. Il problema è che io nutro un po' di dubbi sull'effettiva esistenza della mia anima, più che del mio corpo.
Traslando lo stesso principio, si direbbe che qualcosa non torna, perché io di ferite all'anima ne ho parecchie...




Spesso ho come la sensazione di essere incompatibile con questo mondo... Però di alternative, finora, non me ne sono state offerte.




Vorrei chiedere scusa a tutti coloro a cui voglio bene, e anche e soprattutto a me stessa... Ma se io sono la prima a non farmene niente delle mie stesse scuse, figuriamoci gli altri...




Spero solo che un giorno smetterò di avere paura, e che quel giorno non sia troppo tardi...