lunedì 25 luglio 2011

Take me back to Udàin Road...!









Tornare a scrivere qui sul blog è davvero una fatica, adesso. Ci ho provato persino ieri, ed ho chiuso tutto senza concludere niente. Ora ci riprovo. È difficile perché i due eventi che sapevo avrebbero caratterizzato la mia estate sono ormai passati. E la mia estate non l'hanno solo caratterizzata: l'hanno segnata, l'hanno dipinta di magia, l'hanno stravolta. Ma che "estate"?!? La mia VITA!



È come se la mia intera vita (a partire dall'adolescenza fino ad adesso) fosse stata sottoposta ad un processo di sintesi e racchiusa in una bottiglia della capacità di un mese e poco più.

La prova vivente, palpabile, urlante che può esistere e c'è una linea di continuità in tutto questo. Io sono ciò che ero ed ero ciò che sono: un essere in continuo divenire, che non dimentica, ma impara, non butta via, ma digerisce ed assimila, non abbandona, ma si arricchisce.



Andare ad un concerto, specialmente se non è un semplice concerto ma una vera e propria esperienza, specialmente se non è "un" concerto ma IL concerto, specialmente se è dei Bon Jovi, specialmente se contempla anche un camping out e dei tuoi cari amici, è qualcosa di strano. Qualcosa di buggoso (difettoso, se vi piace di più) per definizione. È come la nottata d'amore passionale una volta all'anno tra due amanti costretti a vivere distanti. Perché vivere distanti significa vivere d'istanti. Istanti che vanno via rapidi, rumorosi e silenziosi allo stesso tempo, fugaci. L'amore della tua vita, coloro che hanno dato un senso a quella tua vita, sono lì, davanti a te, per te, con te... per poche ore... e poi via, vieni risbattuto violentemente nella tua realtà, quella realtà in cui loro sono solo un'idea, una fantastica, bellissima, impalpabile idea. Eppure io li ho visti, con i miei occhi. Li ho sentiti, con le mie orecchie. Li ho percepiti, col mio cuore. Erano lì, cazzo.

E ora l'assordante silenzio della loro mancanza. L'accecante vuoto di memorie fotografiche ed emotive che fanno fatica ad arrivare o a sopravvivere. Il caos.



Non voglio nemmeno provare ad elaborare un pensiero che descriva le emozioni e le sensazioni provate prima, dopo e durante il concerto. Sarebbe assolutamente inutile. Non vuole essere superbia la mia quando dico che non capireste, non potreste capire. E questo al di là del fatto che io sicuramente non saprei spiegare, non saprei articolare con le parole giuste. O forse il punto è proprio che le parole giuste non esistono. Certe cose non si possono spiegare. Le parole a volte sono una gabbia; l'avevo scritto mesi fa, sentimenti fa. Lo riscrivo adesso, perché non c'è nulla di più vero. L'importante è capire quando questo è il caso, ed evitare quindi di infilarcisi in quella gabbia, lasciare spazio al silenzio ed ovviare in altro modo, quando possibile. Su queste fredde pagine virtuali, ciò non è possibile. E quindi vi lascio al prezioso, malinconico silenzio, che poi è, in fondo, anche ciò a cui sono stata lasciata io.






These days the stars seem out of reach,

these days there ain't a ladder on the streets,

these days are fast,

nothing lasts in this graceless age...

Even innocence has caught the midnight train

and there ain't nobody left but us these days!